Identità ebraica e fede in Gesù: un contrasto inconciliabile?

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Frydiand afferma che sebbene i messianici siano un piccolo numero, costituiscono una sfida per le autorità spirituali e secolari ebraiche, per il loro riconoscimento in quanto ebrei.[2]

Nel suo articolo, Frydiand insiste particolarmente sul problema reale del riconoscimento dell’identità giudaica degli ebrei messianici da parte delle autorità spirituali e secolari ebraiche, tradizionalmente avverse a quella che generalmente è ritenuta una questione inconciliabile, un ossimoro, cioè una contraddizione nei termini.Il problema della conciliazione tra fede in Yeshùa e identità ebraica, talvolta vissuto come un vero e proprio dramma,va, a mio avviso, contestualizzato in particolar modo per gli ebrei messianici della diaspora, come vedremo in modo più approfondito, prendendo in esame Tradito!, testo fondamentale nella letteratura messianica, presente anche nell’editoria evangelica italiana. In effetti,la situazione per gli ebrei messianici che vivono in Israele èleggermente diversa. L’ebreo della diaspora, di per sé, fatica maggiormente a mantenere e fare accettare la propria identità, figuriamoci se a questo deve aggiungeredi essere un messianico, cioè un credente in Yeshùa.

Diversamente accade all’ebreo israeliano che vivendo sicuro nella sua identità e nazionalità conclamata,forte della sua appartenenza, può permettersi il lusso di aderire a scelte personali di fede, anche se contrastate dalla maggioranza. Al di là di questa problematica,ritengo molto più costruttivo, vista la peculiarità della realtà italiana in cuila presenza ebraica è di gran lunga minoritaria rispetto a quella cristiana, focalizzare l’attenzione sulla sfida che il movimento messianico costituisce, non tanto per le comunità ebraiche ma piuttosto per il mondo cristiano in generale, mettendo in discussione quelli che sono stati per millenni fondamenti teologici e soprattutto, avviando una rilettura del Nuovo Testamento che parta autenticamente dalla propria radice.

Il movimento messianico inteso come il formarsi di numerose assemblee di ebrei credenti in Yeshùa, separate dalle chiese tradizionali, cioè non assorbite da queste ultime,è dunque un fenomeno di recente formazione,[3] intimamente connesso alla ritrovata libertà e all’autonomia di identità che gli ebrei hanno saputo conquistarsi in particolare con la fondazione dello Stato d’Israele. Fino al 1948, gli ebrei sparsi nei vari paesi di tutto il mondo erano assoggettati o comunque sottoposti ai regimi degli Stati in cui vivevano. Quando accadeva che un ebreo riconoscesse la messianicità di Gesù, questi veniva immediatamente fagocitato nelle chiese già istituzionalizzate, presenti in quel dato paese. Ciò avveniva sin dal medioevo, come si legge nella storiadi Ermanno, solo per prendere un esempio, ebreo della Germania nord occidentale che nel XII secolo, a seguito di una rivelazione personale, diventa sacerdote dell’ordine dei premostratensi.[4]

Ma questo genere di conversioni è ciò che è continuato ad accadere fino ai nostri giorni. Basti pensare alla travagliata e non poco scomoda figura di Israel Zolli che, nel 1945, decise di diventare cattolico dopo essere stato rabbino della comunità israelitica di Roma negli anni terribili della Shoà.[5] Per citare solo un nome, che compare nella lista di esponenti delle comunità israelitiche tra coloro che ricoprirono cariche importanti nella politica e nell’esercito, all’inizio del Novecento, ricordiamo il barone Sidney Sonnino, anglicano ma ebreo da parte paterna, che nel 1906 fu nominato Presidente del Consiglio, dopo essere stato ministro delle Finanze e degli Esteri.[6] Infine pensiamo ad un altro caso, certamente eccezionale, quello dell’ebreo Bruno Hussar, fondatore, in Israele, del villaggio della pace, Newé Shalom, che nel 1950 fu ordinato sacerdote dell’ordine dei domenicani.[7]

Ricordiamo anche alcuni eccellenti studiosi della Bibbia, di origine ebraica, che, come tali, hanno arricchito la letteratura biblica, soprattutto nel XIX secolo, in ambito anglo-tedesco: Alfred Edersheim (1825-1889) che scrisse The Life and Times of Jesus the Messiah (1883-1889); F.J. Delitzsch (1813-1890), che, con C.F. Keil, produsse forse il migliore commentario sull’intero Antico Testamento, in 10 grandi volumi, ancora molto apprezzati; ed H.L. Ellison.

Tranne alcune rare eccezioni di compenetrazione armoniosa tra l’identità ebraica e la fede in Gesù, si è trattato in genere di ebrei che per rimanere fedeli ad una più o meno discutibile scelta personale eranocostretti, in questo caso non dagli uomini ma dalla situazione sociale, a rinunciarealla propria identità. Le conseguenze dolorose si riflettevano non solo sulla persona stessa ma sull’intera comunità israelitica che subiva la scelta delconfratello come un tradimento.

In questo senso, la nascita del movimento messianico ha aperto una nuova strada all’interno del mondo ebraico. Non che sia del tutto scomparso il concetto di tradimento, ma certamente la comunità messianica ha permesso che se ne attenuasse grandemente il peso proponendosi come autentica alternativa.

Come ai tempi di Gesù, quando il mondo ebraico si presentava estremamente dinamico e sfaccettato, con tanti gruppi diversificati, non di rado in contrasto tra loro matutti comunque riconducibili nella loro matrice alla stessa natura giudaica(gruppi degli zeloti, degli esseni, dei sadducei e dei farisei), così anche oggi potremmo dire che il panorama ebraico siamolto simile a quel lontano periodo per la varietà di gruppi esistenti, alcuni assolutamente inconciliabili tra loro (riformati, conservatori, ashkenaziti, sefarditi, chabad, lubavitch, ecc). Tra questi,il gruppo messianico può definirsi, a pieno titolo, una sezione nella multiforme espressione del giudaismo contemporaneo.

Dr.ssa Silvia Baldi Cucchiara – Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose (Aversa)

[1] Silvia Baldi, Israele e il movimento messianico in Italia attraverso uno sguardo all’editoria cristiana evangelica italiana dal Duemila, in “Chi ha sprezzato il giorno delle piccole cose?”, A Domenico Maselli, Professore, Deputato, Pastore, pp. 649-690, E.P.A. Media, Aversa2007

[2] Rachmiel Frydiand, Why Messianic Jews?, http://www.menorah.org/mjews.html

[3] L’evangelista Carlo Antonio Zenini, nel 1897, parlava dell’esistenza in Palestina di alcune chiese di Giudei messianici, ebrei che pur riconoscendo la messianicità di Gesù di Nazaret mantenevanoinalterata la propria cultura giudaica. Lettera di Carlo Zanini al professor Giuseppe Jaré, rabbino capo di Ferrara, L’Italia Evangelica, XVII/42, 16 ott. 1897, p. 332.

[4] Jean-Claude Schmitt, La conversione di Ermanno l’Ebreo. Autobiografia, storia, finzione, Editrice Laterza, Roma-Bari 2005

[5] Judith Cabaud, Il rabbino che si arrese a Cristo, San Paolo, Milano 2002.

[6] Mario Avagliano, Ebrei e fascismo, storia delle persecuzioni, «Patria Indipendente», n. 6, Roma, 23 giugno 2002.

[7] Bruno Hussar, Quando la nube si alzava, trad. it., Marietti, Genova 1996.


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